by Dario Lo Scalzo: giornalista, scrittore, videomaker, paroliere ... e tanto altro

Ha un background professionale nel mondo bancario, del microcredito e dell'organizzazione aziendale e da anni si occupa principalmente di Diritti Umani e Nonviolenza. Promotore e realizzatore di vari progetti umanitari in America Latina e Sudamerica. Ha scritto per Terranauta e per Il Cambiamento e ha anche collaborato con altre testate on-line (Girodivite) e cartacee (Left Avvenimenti, Il Clandestino con permesso di soggiorno). È video giornalista freelance per la Radiotelevisione svizzera (RSI).
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venerdì 5 giugno 2009

Vivere nelle comunitá indigene ...

Vivere nelle comunità indigene del Sudamerica è un momento di grande crescita personale e questa esperienza da sola conferma quanto sia “meritevole” viaggiare in lungo e largo per questo continente.
Le letture fatte su queste popolazioni e gli scambi con la gente occidentale che le conosce danno un’idea triste e nostalgica di popoli vittime della storia e della cupidigia umana. Non si può certamente dire che tutto ciò sia errato o scorretto, in fondo, i dominatori europei prima e quelli nordamericani poi hanno cercato, durante il corso dei secoli, di spazzare via, di cancellare o mettere ai margini queste civiltà, ovviamente per sottrarre e sfruttare le ricchezze dei territori in cui erano presenti. Questo prepotente processo che ha dato vita ad un’atroce azione di violenza indistinta (veri e propri stermini di massa, come in Uruguay e Argentina) ha assegnato a queste civiltà un ruolo davvero marginale nella vita del continente americano.
Eppure quando si ha la fortuna e l’onore di averne contatto o addirittura di vivere nelle realtà indigene, ci si rende conto di come queste genti hanno ereditato saggezza e modernità (che continuano a produrre, del resto) alle quali, credo, dovremmo ispirarci per sanare il nostro sporco “mondo civilizzato”. Penso che invece di discriminarle, queste popolazioni meriterebbero di esser imitate nel loro modo di pensare, di vivere ed interpretare l’esistenza.

“Il primo sguardo è sempre di diffidenza mista ad una celata paura… come criticare tale atteggiamento; sei un bianco, sei un “gringo”, sei un dominatore, sei un violentatore, sei uno sfruttatore avido, sei chi ha ucciso gli antenati, chi ha distrutto ed assaltato le proprie città …chi ha portato la schiavitù, sei razzista ... sei il portatore della tecnologia che cancella la comunicazione vera, quella fatta di sguardi …di danze …di cerimonie, di meditazione…sei chi ha soppresso la loro spiritualità per imporre una religione assetata di potere e ricchezza materiale…beh sei tante cose brutte e la lista è ancora lunga; in un concentrato di definizioni, sei un “uomo bianco” … basta dire questo!
Poi, in un secondo momento sei un turista ed in quanto tale rappresenti l’opportunità di poter campare meglio, di fare qualche soldino… e così si passa alla fase dell’offerta di qualcosa e, perché no, anche al tentativo di invertire i ruoli e “sfruttarti” almeno per una volta (per carità, si parla di sfruttamento veniale, gioco al rialzo dei prezzi di servizi o prodotti offerti, nulla a che vedere con l’operazione usurpatrice attuata dall’uomo bianco per secoli su questa gente).
Questo è l’iter classico che si sviluppa incontrando le comunità indigene “moderne”…si, quelle ormai contaminate dalla “falsa civiltà” occidentale, quelle che adesso vivono le città e i villaggi … quelle che hanno il telefonino senza credito, pur di averne uno (questione di status symbol), quelle che, a parte qualche rituale che si tramanda, di indigeno hanno la pelle ed i costumi tradizionali; inevitabile … nessuna sentenza da emettere … peccato. Le eventuali responsabilità sono piuttosto da ricercare nella sapienza dell’uomo bianco. Se ad un bimbo di un anno cominci a parlare italiano, imparerà l’italiano, se gli parli turco, sarà il turco la sua lingua…. Lo stesso processo è valido nel tempo per queste popolazioni alle quali è stato venduto alla stessa maniera il nostro modello di società come quello vincente.
Ebbene, io non volevo essere un turista né, ovviamente, passare per un semplice uomo bianco,benché lo sia, in realtà. Volevo offrire umilmente il mio sorriso ed il mio cuore, le uniche armi di cui dispongo… senza nulla in cambio, giusto per avvicinarmi a questa diversità…
Penetrando con i tuoi piedi all’interno della selva e delle foreste cominci già a non essere più così bianco e poi quando incontri questa gente, e ti apri e parli e comunichi usando la loro lingua imposta (contrariamente a quanto succede con un gringo), la musica cambia.
Occorre sintonizzarsi con loro, porsi a loro stesso livello di umiltà e semplicità nei confronti delle leggi naturali; occorre essere cuore e spontaneità, occorre essere uno di loro almeno relativamente alla capacità di connettersi con l’Universo.
Ed allora si stupiscono, si meravigliano, apprezzano il tuo arrivo disinteressato, accolgono con interesse la sapienza culturale e l’apertura.
Si riesce ad essere “amigo” (così come dicono) … il segreto ? La semplicità del tuo io, l’empatia, il rispetto e la bontà.
In quel momento hai la loro fiducia, la parola si schiude e va oltre il suo significato letterale e con essa si svela un nuovo mondo da sviscerare.. E’ questa la perenne modernità delle comunità indigene !
Alla fine nel mio scambio senza nulla in cambio paradossalmente sono stato io il vero ”winner”.
Mi rendo conto di come, spesso, si cada in errore nel donare a tutti i costi. Anche l’uomo occidentale, quello mosso dal cuore e dalla bontà, quello che si impegna nel dare una mano a questa gente (missionari laici e religiosi, associazioni di volontariato, microcredito, ONG, volontari), ha la tendenza a donare “ a porte chiuse”; è l’approccio tipico della cultura dell’uomo bianco: imporsi anche nel bene, si tratta di sana arroganza. E’ un donare quello che si ha e quello che si sa indistintamente con la convinzione (per carità in buona fede) che la retta via giace nel nostro modo di vivere e nella nostra cultura.
A volte, invece, dovremmo apprendere ad apprendere, dovremmo apprendere a ricevere da quelle popolazioni. Dovremmo cliccare il tasto “ricezione” e fermarci un istante ad ascoltare e a riflettere.
Vi assicuro, ne trarremmo tutti quanti molti più benefici in termini di conoscenza, di miglioria del vivere, di investigazione sulla nostra spiritualità; impareremmo ad essere “naturalmente” più profondi, senza sforzo e impareremmo a rispettare tutto e tutti.
Queste civiltà hanno saputo conservare la saggezza, sono ancora in grado di vivere di una “semplicità potente” e quasi magica. Conoscono il pianeta, la Natura le sue regole, sanno leggere il territorio che li circonda, ne intuiscono i messaggi che invia… è questo il loro semplice segreto.
Hanno tramandato i loro doni, le loro qualità, la loro spiritualità, la conoscenza ed apprezzano il silenzio.
Ancora oggi sono in grado di utilizzare la Natura (perché anche noi siamo Natura, a volte lo dimentichiamo) per cibarsi in modo sano, per curarsi e per vivere una spiritualità forte e purificatrice.
Ogni loro parola ha un significato vero e non è fiato che fuoriesce dalla bocca come passatempo; ogni frase ha un peso ed un’importanza.
Vivere nelle comunità indigene, quelle vere, quelle della selva è un’esperienza che fa diventare grandi.
E’ gente semplice che ha conservato le radici dell'onniscienza ... di un sapere che ha permesso di sopravvivere anche contro la storia. Popoli conoscitori del senso della vita, delle sue sfaccettature e delle sue sfumature.
Che dolore nel vedere e sapere che la contaminazione dell’uomo occidentale e della sua società moderna abbiano ormai raggiunto parecchie delle comunità indigene ancora esistenti. Era così anche in America Centrale e soprattutto in Messico dove molti eredi delle civiltà maya vivono avidamente ingrassando con il denaro e facendo zapping alla sera davanti alla TV… ma questo è l’essere umano di oggi e, ahimè, è difficile andare contro corrente e contro l’evoluzione (o involuzione) storica.
Ho incontrato i “nativos” nella selva del Perù… gente cazzuta che lotta con fervore per non permettere di essere venduta ai potenti del mondo. Si, perché da quelle parti (è così anche in Bolivia) i giochi del potere politico arrivano al paradosso di vendere le cascate, i monti , i laghi, le lagune ... ai gringos,… parlo di quelli veri, in carne ed ossa, quelli di Obama (oggi). Un domani il potere sarà di chi possiede l’acqua e quindi si da lo start alla lungimiranza condotta dalla cupidigia e l’avidità umana.
I nativos della selva sono in guerriglia; ne sapete qualcosa voi fans delle veline e dei calciatori, dell’Ipod e di Facebook ?
In un modo o in un altro la storia si ripete… che buffo questo mondo. Così cercano di proteggersi dall’interesse privato , cercano di salvaguardare quel poco che gli rimane, la loro fetta di territorio.
Sono li a spiegarti con la commozione agli occhi che il pianeta è sacro…!
E’ un onore per me, bianco vergognato, condividere la loro sofferenza. Che delusione la loro solitudine, che delusione nel vedere che non sono appoggiati dagli altri indigeni, cechi e sordi, quelli dei centri abitati, quelli moderni e tecnologici. Questi hanno ceduto il passo al compromesso e alla ricchezza materiale (non so neppure se biasimarli…è così che gira il pianeta).
Quella lotta mi sembra vana, sento che sarà partita persa, ma i miei occhi ed il mio cuore non lasciano trapelare la rassegnata razionalità (rarissima in me), e al contrario, trasmettono speranza a quei visi colorati che si scontrano con le forze armate, altri indigeni, un tempo di stessa origine. Chissà per quanto durerà ancora … per fortuna ... i nativos muoiono sempre nativos.
La guerriglia è storia quotidiana, è attualità … la selva è pericolosa ... e devo andare via… si perché io non sono un eroe di questo vivere, ma solamente un messaggero per orecchie otturate …
La mia azione indiretta continua … e girando per villaggi e città sollecito gli “altri” indigeni a solidarizzare per difendere le buone ragioni…
…le mie parole suonano di vuoto ….e mi resta solo la penna come strumento di indignazione…
… è ben poco per lottare contro il potere del mondo …
Vivere con le comunità indigene è un onore… ed oggi possiedo una consapevolezza superiore: sono un adulto, forse un pò più deluso, più realista ma anche un uomo più ricco … una persona che "sente", un essere che accetta la sfida dell’esistere”

6 commenti:

Christelle Dutey ha detto...
Questo commento è stato eliminato da un amministratore del blog.
DARIOSOLARE ha detto...

GRAZIE TANTE ... proprio oggi la stampa italana ha parlato di quello che io ho vissuto ... mi sorprende in positivo questo interesse x gli indigeni...

en tout cas mon experience dans la foret a été EXTRA !

ecco l'articolo

http://www.repubblica.it/2009/06/sezioni/esteri/amazzonia-rivolta/amazzonia-rivolta/amazzonia-rivolta.html

BESOS
DARIO

Christelle Dutey ha detto...

Ho letto l'articolo... che triste che non riescono a vedere l'interesse di tutti. Come dici, niente cambia !

Anonimo ha detto...

Caro Dario,
sono appena rientrata da Iquitos e che dire..... sono colpita da tanta bellezza, da comunità ben organizzate, ma sono scoinvolta anche dall'incuria in cui molti vivono. Cercare colpe? Non sempre ha senso. Fare qualcosa, questo vale.
Far conoscere la vita degli indigeni, rispettarli, imparare da loro,.... hai proprio ragione.
"Que nadie se rinda"

DARIOSOLARE ha detto...

sono daccordo ... io non credo che l'azione da portare avanti sia a livello macro, praticamente quasi impossibile, ma micro.... ciascuno di noi deve mettere una piccola goccia nell'oceano iniziando da capo, da zero, dal basso, dall'educazione.....tutti gli educatori (maestri, prof. genitori, preti, datori di lavoro, la stampa, l'informazione, la TV, ecc) dovrebbero ripartire da zero e formare gli alunni, le persone, la gente ad altri modelli che non siano quelli del trinomio soldi-potere-successo. Si tratterebbe di un'opera da certosino di cui noi non vedremmo mai i risultati ma di cui, forse, spero, le generazioni future potrebbero beneficiare.

Per questo a me piacerebbe andare x le scuole a fare testimonianza e presentare un modello di vita gioiso e di ricchezza interiore. Per esempio, prendendo in conto il caso dell'Italia, con questa nuova maniera di educare si potrebbe cercare di sdradicare dalle menti il modello dei calciatori e delle veline.... e quello della tv berlusconiana che da 15 anni ci propone tette e culi e quiz dove rispondendo ad una domanda si vince 1 mil di euro ... per me è da li che occorre ricominciare...

ed é un dovere di tutti quanti !

Unknown ha detto...

Carissimo Dario,
ho letto lo spendido articolo che hai scritto e mi sono commossa anche perchè prima avevo visto le immagini che hai inviato, è tremendo ! sono senza parole.....Ogni giorno nel mio piccolo cerco di comunicare ai miei ragazzi l'importanza del vivere amandosi, rispettandosi e soprattutto quanto è importante dialogare, cosa che raramente oggi si fa, dico loro tante altre cose , a volte mi sembra che sia fiato sprecato tante altre volte mi accorgo che qualcuno riesce a recepire e questo mi da la forza di andare avanti e continuare a parlare anche con chi sembra totalmente sordo , perchè credo che forse prima o poi qualcosa sentirà......