by Dario Lo Scalzo: giornalista, scrittore, videomaker, paroliere ... e tanto altro

Ha un background professionale nel mondo bancario, del microcredito e dell'organizzazione aziendale e da anni si occupa principalmente di Diritti Umani e Nonviolenza. Promotore e realizzatore di vari progetti umanitari in America Latina e Sudamerica. Ha scritto per Terranauta e per Il Cambiamento e ha anche collaborato con altre testate on-line (Girodivite) e cartacee (Left Avvenimenti, Il Clandestino con permesso di soggiorno). È video giornalista freelance per la Radiotelevisione svizzera (RSI).
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giovedì 8 maggio 2008

Ti racconto

E’ la volta di ...

Disperso cammino per le strade di questa città che mi sembra estranea, fredda e sdegnante. Un tempo glorioso palcoscenico della storia delle civiltà, oggi é cosi che percepisco Roma. Vago ed osservo, e rifletto, ed assaporo l’odore dell’intolleranza intorno. Quelle statue marmoree qui accanto sembrano assistere impacciate alle brutture umane e, irrigidite, si rallegrano di essere pietra. Le guardo impaurito perché io quell’assenza di vitalità la sento tutta dentro me stesso, inerte, essere fragilizzato dalla standardizzazione dettata dall’individualismo.

Voci, rumori, strilla assordano questa serata inquieta e vorrei poter trasformare quel buio in luce di speranza. Sono qui, sdraiato sull’asfalto ancora caldo di questa strada capitolina e tra le mie braccia assisto in lacrime alla morte di un mio simile, schiacciato dalla macchina dell’irrazionalità, di chi, indifferente, ha deciso stasera di trasformare le sue divertenti follie in omicidio. Avvolto dal mio agghiacciato calore abbraccio la vita di un extracomunitario appena travolto dall’agio individualista di un assassino che tra un po’ ballerà in discoteca con il suo rimorso. Sono solo in questa notte, nella snervante attesa di un’ambulanza che soccorra chi incolpevole paga il tramonto di ogni spiraglio di umanità...

Signori, oggi si gira il film dell’apatia !!!

Abbaia un cane in lontananza, un clacson grida che é un giorno di festa, le TV strombazzano le musiche del varietà del sabato, due donne davanti uno specchio si preparano per mostrarsi al mondo, un prete cammina veloce assorto nel suo rosario, il vento polveroso offusca gli occhi e nel frattempo, nell’eternità dei minuti, piango in silenzio...

Ti scuoto per svegliarti, ti abbraccio per salvarti, e piango, piango e le mie lacrime sono quelle di tutti, tutti gli attori di questo balordo mondo che sfreccia impassibile alla ricerca del suo edonismo.

Ti parlo, ti grido, ti conforto ma ogni gesto é disperazione ed ormai dopo qualche fremito sei andato via, già lontano, sdegnato per aver fatto questa comparsa nella nostra disumanità. Mi abbandoni, mi lasci solo, solitario in una città di milioni di indifferenze. E non trovo pace, e sono frustrato da un senso di futilità e mi vergogno per me e per il mondo intero, reo di condurre un’esistenza ovattata..., reo di aver contribuito all’inciviltà degli spiriti, all’assenza di umanità tra esseri umani.

C’é sempre una festa in questa città; quanto festeggiare nel susseguirsi dell’epoche e le vedo davanti ai miei occhi quelle fotografie di sfarzosi banchetti e quelle trombe che annunciano la vittoria, ed ancora gli zoccoli di cavalli che ritmano un di glorioso. Ma la storia é storia ed il pazzo del villaggio lo sa...lui ha l’album dei ricordi, quello dell’emarginato, della diversità che penalizza. E c’é sempre un pazzo del villaggio in tutte le ere...!

Si, per le vie della capitale c’é sempre una festa, ma non per tutti !!!
L’allegria non é per tutti a questo mondo. Ci sono spine pungenti in questa rosa: odorosi petali per alcuni, altri hanno solo diritto allo stelo dell’ingustizia e della menzogna.

I soccorritori ora ti portano via ed anch’essi senza parole mi offrono la loro freddezza e con una pacca sulla spalla chiudono un’altra pratica quotidiana.
Rifiondo tremante nelle mie riflessioni solitarie: quelle ginocchia le sento non resistere alla pressione e al peso della cupidigia umana.

Alziamoci gente e viviamo diversamente questa città eterna affinché il pianto di chi soffre non sprofondi nel cimitero della solitudine !

Privo di forze, resto al suolo, quasi come atto di punizione da pagare per la mia complicità che ti ha ucciso fratello. Sono destinato a scontrarmi ancora con questa vita mentre tu, sconosciuto, mi sberleffi volando allegro verso mete migliori.

Quelle voci intorno mi assordano, mi estraneano ed i miei piedi fanno fatica sui sanpietrini ancora caldi, loro, si, ti hanno offerto l’unico atto di calore, l’ultimo saluto alla tua vita indifesa.

Morto anch’io in questo vivere divento astrazione, fatalismo, ossessione. E’ dura la notte adesso ed i miei sogni dipingono sensi di colpa, io, l’intermediario tra il gelo e la vigliaccheria dell’individualismo.

Quel volo sofferto si ferma al semaforo della rabbia, un rancore scaturito dall’incapacità di reazione a questo stato di cose, incapacità a liberare le menti dalle sabbie mobili dell’indifferenza che lentamente ci sta divorando.
E non ci credo più, e non ti credo più, Roma, gigante glaciale del nostro Paese, discoteca di visi sconosciuti...no, stanotte non credo nell’umanità e, perso, mi abbandono ad un ozioso pessimismo.

Vorrei scappare, fuggire a questa pugnalata, trafitto volerei nel mondo di quel pazzo del villaggio che, solo, lucidamente vive la società odierna, scheggia impazzita.

Resto qui, senza neppure sapere chi sei, come ti chiami, da dove vieni, cosa facevi. Eppure, negli ultimi mesi nessun’altra persona mi ha dato cosi tante vibrazioni quanto te in pochi attimi, sconosciuto... Roma beffarda, dormi silente il tuo decadimento !

Mi alzo e poi mi riaccascio, stavolta sul marcipiede grigio e corrucciato di questa strada della morte. Ammutolito, rabbrividito dalle mie debolezze, mi ubriaco di frustazione. Dopo alcuni minuti alcuni passanti mi scrutano, borbottano come quando ci si confessa davanti al prete; il loro ghigno schifato e il loro andare prudente sono giudizio e discriminazione.

Ne sorrido e percepisco che se in quella identica situazione avessi indossato un vestito ed una cravatta molto probabilmente uno di quei passanti mi avrebbe offerto il suo aiuto morale. Quegli abiti mi avrebbero assicurato assistenza e conforto. Ed invece ?

Eccoli li i miei jeans bucati, le scarpe da jogging ancora sporche dalla terra del footing pomeridiano e poi quella t-shirt rossa con uno stemma al centro raffigurante una mano bianca ed una nera che si stringono in segno di fraternità e più in basso la scritta “Solidarité entre les peuples”.

Questo siamo oggi, gente, é la forza dei simboli a prevalere ed sono essi a giocare la partita vera in questo vivere. Che avessi indossato abiti da tempo libero piuttosto che quelli da lavoro ero pur sempre io, la stessa fragile persona !!! Ero li con il mio stato d’animo, con la mia disperazione.

Non ho più voglia di fare la guerra per vivere, di alzarmi al mattino con l’idea di prendere la spada e lo scudo per lottare, per farmi spazio tra la gente ...

Cammino leggero per la strada adesso e in questo errare verso casa ho solo un’idea in mente: rinchiudermi nella mia salubre solitudine.

Qui e’ un andirivieni di tecnologia ... auto sfrecciano rapide, e, pompose, gonfiano il petto ed inorgogliscono le pance dei moderni narcisisti, le bocche dei cellulari cantano musiche metalliche sotto gli sguardi estasiati dei loro possessori, aggeggi diabolici per ore trascorse con il capo chino e sempre una smorfia sorridente sul viso ... i mezzi di comunicazione anticomunicativi, le nuove forme di schiavitu legalizzata !

Roma ha perso la ragione dietro le mode, le globalizzazioni, i formalismi, l’oblio del mendicante, l’ipocrisia del migliore.

Cerco quel pazzo del villaggio, chissà come ritrovarlo, chissà se sia in grado di indicarmi la via in questo deserto e mi piacerebbe essere sonnambulo per i vicoli di Roma per vivere in modo differente.

Gianna, una cara amica, é andata via, allora tiro fuori dallo zaino alcune sue lettere che mi fanno da compagne sino all’alba.

“... Caro Dario, rompo il silenzio apparente di entrambi, segnato dalla routine, per scriverti che la vita é un’avventura meravigliosa ma le scelte dei capitali distruggono tutto e tutti... sia chi li detiene che chi non ne ha... Credo che Dio dia soldi a chi non no sa usarli per la gioia, mentre chi non ha soldi é comunque gioioso....”

“... sto valutando di andare in Uganda per costruire una fattoria e creare lavoro ed un’economia di speranza e non di morte come quella che si subisce in Italia...”

“... qui non posso contare su pensioni e proprietà ma solo sulle mie mani e sul cuore...”

“...l'Italia é l'ultimo mondo, la peggior puttana dell’Europa, per la sua ipocrisia; gli italiani non hanno il senso del futuro, del bene comune e si sono illusi con l’immagine ed ora vivono una crisi totale...”

“... qui lavoro sul passa parola e anche questo credimi é coraggio, non so mai come sarà la mia settimana e se me la cavero .. ho giusto il necessario ma in cambio ho molto altro: vivo in liberta ! Al di fuori di un sistema, qui accetto la vita”

“Caro Dario, chissa magari sei in volo, ti penso, ti ricordo e ti porgo l’augurio di trasformare ogni situazione della vita in bene autentico, e ricordare all’uomo che ha un cuore, che é natura, che é nulla davanti all’universo ed é per questo motivo che occorre pace e serenità, che di certo non sono gli stessi obiettivi dei potenti e ladri della terra (ladri della vita degli altri perché con le loro decisioni creano disperazione)...”

Non prendo sonno stanotte perché vorrei trovare un senso a questa esistenza, perché vorrei offrirmi un sorriso come tramonto di questo giorno pesante. Perché vorrei poter essere stanco per aver trascorso le mie giornate a costruire con il resto dell’umanità un mondo diverso affinché non si abbia l’esigenza di andarlo a cercare altrove: in un altro paese, in un altro continente o, addirittura, nei sogni...

Roma, città all’agro-dolce, mi aiuterai a riassoporare l’odore dell’amicizia, quello della solidarietà ? Mi aiuterai a ritrovare l’umanità tra gli umani...la semplicità e l’allegria ?

Bruscamente apro gli occhi, aiutandomi con le braccia e facendo leva sugli addominali bassi sollevo il busto dalla posizione orizzontale, guardo il soffitto e le stelle forforescenti che da anni mi confortano le nottate ed emanando un affannoso urlo: "Uff, che brutto sogno !!!"
DLS

3 commenti:

Anonimo ha detto...

Secondo me, la tua cosa migliore. Molto bello (anche se ti ricordo il mio solito suggerimento). Mi raccomando quell'Almirante... Bravo, ti invidio, continua così! Però, troppa amarezza...
Christian

Anonimo ha detto...

In che senso la mia cosa migliore ? Il suggerimento é sullo stile ? Sto Almirante l tolgo ok. Invidi ? Perché )

Dariosolare

Anonimo ha detto...

Nel senso che è la cosa più bella che, tra quelle che hai scritto, ho letto. Il suggerimento è su alcune parole, lo stile è, complessivamente, più che all'altezza. Ti invidio perché tu possiedi una produttività che io manco mi sogno, ma che vorrei avere.
Christian